Here’s another review of “The Innermost Legacy” courtesy of Fabrizio Garau, it was published recently on The New Noise webzine:
“The Legacy” uscì vent’anni fa per Eibon Records. Amon (Andrea Marutti) è da sempre una delle idee fisse di Mauro Berchi su come debba essere il dark ambient, tanto da che in passato lo ha definito il più importante progetto in Italia nel genere e si è occupato quasi sempre dei suoi dischi, oltre che di quelli registrati assieme a Giuseppe Verticchio/Nimh (a nome Hall Of Mirrors). “The Innermost Legacy” è una ristampa con aggiunte, pubblicata da Eibon assieme a Silentes, altra etichetta da sempre attenta a ciò che fa Andrea: nuovo mastering del musicista stesso, bonus cd con pezzi live, compreso uno proveniente dal Primo Congresso Post-Industriale italiano a Pordenone, la città di Old Europa Cafe (era sempre il 1998). All’epoca, prima che entrasse in gioco tutto il cosiddetto drone-doom – che avrebbe alzato la barra della potenza, cambiato la partita, suggerito nuove contaminazioni e anche un ‘nuovo passato’ in cui trovare spunti – c’erano i cloni della Cold Meat Industry, i cloni di Lustmord e c’era Amon, che come ascolti partiva da dove prendevano le mosse gli altri (tutti fan dell’industrial della prima ora, fossero i Test Dept, i Throbbing Gristle, i Coil, gli SPK, i Zoviet France o qualche nome ancora più sepolto), ma che non sapeva che ciò che suonava sarebbe stato etichettato come dark ambient: niente ruggiti infernali, niente canti monastici, niente trucchi horror. The (Innermost) Legacy è semplicemente (?) il respiro di creature eterne, il vibrare di una dimensione i cui abitanti non si agitano affatto come noi, che sappiamo di morire presto. Non a caso l’album è ispirato dal cosiddetto “volto/faccia su Marte”, dunque si parla di storie che abbracciano i millenni e non i secoli. In un’epoca in cui si ristampano tanti minimalisti delle origini, una generazione comunque precedente a quella di Andrea, Amon sembra più vivo e credibile di altri suoi contemporanei.